Capitolo Quarto

LO SCANDALO DELL’INFALLIBILITÀ

Il pontificato di Pio IX è contrassegnato, oltre che da uno scontro culturale di rilevanza realmente "epocale", da due grandiosi eventi di carattere propriamente religioso e che segnano in modo indelebile il magistero di Papa Mastai Ferretti: la solenne definizione dei dogmi dell’Immacolata Concezione di Maria (1854) e dell’infallibilità pontificia (1870).

Del primo si dirà più avanti. E’ ora il momento di svolgere qualche breve considerazione sul secondo.

1) Verso il Concilio Vaticano I

"Nella storia della Chiesa le grandi crisi vengono affrontate con i concili ecumenici. Dopo lo gnosticismo dei primi secoli, l’arianesimo del secolo IV, il monofisismo del secolo V ed il pelagianesimo dello stesso secolo si svolgono i grandi concili di Nicea, di Efeso e di Calcedonia. Alla eresia del protestantesimo del secolo XVI la Chiesa risponde con il concilio di Trento. Ma una crisi ancora più grande minaccia il cristianesimo nei secoli XVIII e XIX, con il razionalismo e il materialismo. Pio IX risponde con le 80 proposizioni del Sillabo e con l’enciclica Quanta cura, ma la risposta completa sarà con il Concilio Vaticano, che non solo condannerà gli errori ma affermerà i princìpi della verità rivelata" (101).

Tre secoli dopo lo svolgimento del Concilio di Trento, il 29 giugno 1868 con la promulgazione della lettera apostolica Aeterni Patris Pio IX annuncia ufficialmente l’indizione di un nuovo Sacro Concilio della Chiesa. La cerimonia di apertura è fissata per l’8 dicembre 1869, quindicesimo anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolata, nella basilica del Vaticano.

La lettera apostolica di convocazione del Concilio indica che scopo dell’assise era quello di "arrecare salutari rimedii "ai mali del secolo presente nella Chiesa e nella società dovendo esaminare e decidere "le cose che prima di tutto riguardano, specialmente in questi difficilissimi tempi, la maggior gloria di Dio, l’integrità della fede, il decoro del culto divino, l’eterna salute delle anime [...]. Parimenti con impegno intensissimo si deve procurare che, con l’aiuto di Dio, siano rimossi tutti i mali dalla Chiesa e dalla società civile, affinché i miseri erranti vengano richiamati al retto sentiero della verità, della giustizia e della salute [...]" (102). Già in questa occasione il Papa, pur non preannunciando né ponendo formalmente in discussione la questione dell’infallibilità, traccia in qualche modo la linea che condurrà alla definizione del dogma, quando scrive che "Siccome l’unità della Chiesa, la sua integrità e il suo governo istituito da Gesù Cristo stesso devono durare stabili in perpetuo, così nei Romani Pontefici successori di Pietro, che sono collocati in questa romana Cattedra, la stessissima suprema potestà di Pietro, la giurisdizione e il Primato di lui in tutta la Chiesa persistono integri e potenti" (103).

Il tema dell’infallibilità, che era da tempo oggetto di dibattito all’interno del mondo cattolico, venne poi autorevolmente riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica da un articolo pubblicato il 6 febbraio 1869 dalla Civiltà Cattolica, nel quale veniva avanzata l’ipotesi che il futuro Concilio si pronunciasse definitivamente anche su questo argomento.

Questa eventualità non incontrò favore unanime all’interno della Chiesa. Il vescovo di Orleans, mons. Felix Dupanloup, pubblicò articoli ed opuscoli per sostenere l’inopportunità storica e politica di una tale definizione, senza formulare però una critica di carattere sostanziale. "Malgrado l’abilità diplomatica del vescovo di Orleans, che aveva compreso come una posizione antiinfallibilista attestata sul piano dottrinale avrebbe condotto all’isolamento, era evidente l’influenza e il collegamento del Dupanloup con chi negava al Papa la prerogativa dell’infallibilità sul piano dei princìpi" (104): si tratta di esponenti di area francese e tedesca, fortemente condizionati da una concezione nazionale della Chiesa e perciò poco propensi a riconoscere prerogative primaziali particolari alla sede di Roma. Spiccano, al riguardo, i nomi di mons. Henri Louis Maret in Francia, del professor Ignaz von Dollinger, di mons. Guglielmo Emanuele von Ketteler e di mons. von Hefele in Germania.

In pratica, sulla questione dell’infallibilità si riaprì, con toni accesi, lo scontro ormai consueto all’interno del mondo cattolico "[...] fra le diverse correnti che da un ventennio si erano affrontate: gallicani e liberali da una parte, ultramontani e intransigenti dall’altra" (105).

L’opposizione esterna, di marca laicista, sfociò nella indizione di un anticoncilio massonico, ideato dal deputato e maestro massone Giuseppe Napoleone Ricciardi e programmato a Napoli nello stesso giorno di avvio del Vaticano I.

In effetti, "Per la massoneria italiana il Concilio ecumenico era un brutto colpo, anzitutto perché, contro le aspettative del "fratello" Vittorio Emanuele, il solo annuncio della convocazione aveva riacceso nei templi la polemica della componente più radicale, repubblicana e anticlericale" cioè di coloro "che volevano innestare nella ritualità dell’Arte Reale un nuovo umanesimo, ateo e socialista" (106).

Accanto alle resistenze di molti anche nel mondo laicista, si registrarono subito anche entusiastiche e significative adesioni all’iniziativa. Lo storico Michele Amari dichiarò: "Figuratevi se io non applaudisca pienamente a qualunque propaganda che promuova la Ragione e combatta le favole cristiane e le superstizioni cattoliche" (107); "Noi siamo satanici" fu il proclama di Giosuè Carducci che provvide per l’occasione a ristampare l’Inno a Satana; "I morti stessi vi parteciperanno" fu la macabra predizione dello storico francese Jules Michelet che propose di evocare le ombre dell’eretico boemo Jan Huss, di Martin Lutero e di Galileo Galilei; "La mia anima verrà" fu l’adesione di Victor Hugo.

 

2) Il Concilio Vaticano I

E’ l’8 dicembre 1869 quando, con una solenne cerimonia ed alla presenza di circa 700 padri conciliari e di migliaia di pellegrini festanti, Pio IX dichiara aperto il Concilio Ecumenico Vaticano. I lavori conciliari, minuziosamente preparati da apposite commissioni, si svilupperanno lungo l’arco di nove mesi dando vita a serrati dibattiti di ordine teologico e pastorale che sfoceranno nella elaborazione di due fondamentali documenti: la costituzione apostolica Dei Filius, approvata nella sessione pubblica del 24 aprile 1870, e la costituzione apostolica Pastor Aeternus, approvata il 18 luglio 1870.

La Dei Filius si apre con un preambolo dedicato ai frutti dei concili precedenti ed in particolare del Concilio di Trento, del quale sono richiamati gli innumerevoli aspetti positivi, quali la più precisa definizione ed esposizione dei dogmi cattolici, la condanna degli errori del tempo, la maggiore coesione che ne derivò tra le membra della Chiesa, Corpo mistico di Cristo. Il prologo della costituzione mette poi in guardia dagli errori del razionalismo moderno, nato dalle eresie condannate a Trento, e richiama l’attenzione sul ruolo salvifico proprio della Chiesa, la quale ha il compito di insegnare e diffondere le verità di fede ricevute in deposito da Cristo.

La costituzione si articola successivamente in quattro capitoli: 1) Dio Creatore di tutte le cose; 2) La Rivelazione; 3) La Fede; 4) La fede e la ragione. Seguono i Canoni nei quali vengono condannati gli errori contrari alle verità contenute nei capitoli precedenti.

Trattando argomenti di così rilevante importanza teologica e filosofica, il Concilio ebbe modo di contrapporre al panteismo, al materialismo, all’indifferentismo ed al razionalismo una lucida ed essenziale esposizione della dottrina cattolica in materia di fede, rivelazione, rapporti tra fede e ragione.

Lo schema di costituzione intitolato Il Romano pontefice ed il Suo magistero infallibile, poi, come era prevedibile, viste le polemiche che su questo punto avevano preceduto l’apertura dei lavori conciliari, provocò una discussione dai toni vivaci che consentì però un notevole approfondimento delle diverse posizioni con conseguente revisione e correzione del testo originario: "Il dibattito si svolse con grande franchezza e libertà. Tutti gli argomenti favorevoli e contrari furono ampiamente discussi e nulla venne tenuto segreto o taciuto di quanto fu ritenuto necessario per un miglior chiarimento del tema. L’appassionata veemenza dell’opposizione che [...] era brillantemente rappresentata al concilio, ebbe come conseguenza l’accurato esame delle obiezioni e dei pareri espressi contro la tesi dell’infallibilità ed è proprio questa opposizione che si deve ringraziare per aver definitivamente spazzato via tutta la stolida ed inutile zavorra" (108). Va quindi detto con chiarezza, a confutazione di vecchie polemiche, che "[...] il Concilio dibatté completamente la questione; la minoranza vi si espresse al punto di volersi ripetere ad oltranza. Dunque ci fu libertà; dunque Pio IX non coercì il concilio" (109).

Al termine del lungo dibattito, nel corso del quale vennero discussi 177 emendamenti, si arrivò alla votazione. Tre giorni prima della votazione finale sul testo definitivo una delegazione di vescovi contrari alla definizione del dogma chiese a Pio IX di precisare nella costituzione che il Pontefice è infallibile per la testimonianza della Chiesa, cercando così di introdurre una limitazione alla prerogativa papale. Pio IX si mosse invece in direzione diametralmente opposta, precisando espressamente che l’infallibilità non dipende dal consenso della Chiesa.

Il 18 luglio 1870 il Concilio, con il voto favorevole di 535 padri contro 2, approva la costituzione apostolica Pastor Aeternus sulla "istituzione, la perpetuità e la natura del sacro Primato apostolico, in cui sta la forza e la solidità di tutta la Chiesa".

Oltre a un breve prologo, il documento conciliare consta di quattro capitoli, ciascuno dei quali è seguito da un Canone che sancisce la condanna di uno specifico errore. I titoli sono: 1) Istituzione del Primato apostolico nel beato Pietro; 2) La perpetuità del Primato del beato Pietro nei Romani Pontefici; 3) La forza e la natura del Primato del Romano Pontefice; 4) Il Magistero infallibile del Romano Pontefice.

Tutto il documento, ampiamente ed esaurientemente motivato sul piano teologico, tende a dimostrare la verità di fede esplicitata in forma dogmatica in chiusura del quarto capitolo secondo la quale "[...] il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quella infallibilità con cui il divino Redentore volle che fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede o ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa" (110).

Da tale solenne definizione risultano chiaramente le condizioni della infallibilità pontificia. Per aversi definizione infallibile il Papa deve:
a) parlare come Dottore e Pastore universale;
b) usare della pienezza della sua autorità apostolica;
c) manifestare l’intenzione di "definire";
d) trattare di fede o di costumi.

La proclamazione del dogma dell’infallibilità pontificia costituisce il culmine del pontificato di Pio IX e si pone a conferma, di fronte ad un mondo che si manifesta sempre più drammaticamente ostile alla Chiesa, della indefettibilità della cattedra di Pietro a difesa dell’integrità della dottrina cattolica. Osserva mons. Luigi Giussani: "La Chiesa dunque scelse, in una società dove una concezione materialistica della vita era diventata mentalità comune, la provocazione di affermare solennemente che l’uomo non è l’unica misura del reale, bensì che il nesso tra l’uomo e la verità passa non solo attraverso i brevi passi della sua ragione, ma attraverso l’alveo di una autorità che, assistita da Dio, deve guidare l’uomo alla salvezza. In questo caso, dunque, il dogma, pur lungamente discusso, è stato provocato da un contrasto clamoroso e totale col mondo attorno, contrasto in merito al quale è emersa la necessità di una chiarezza" (111).

Secondo l’analisi di Joseph Lortz "Dal punto di vista storico, la definizione dell’universale episcopato" del papa e della sua infallibilità rappresenta la conclusione di un grandioso sviluppo, il quale aveva avuto come punto di partenza il Primato di Pietro e la sua attività a Roma, e, nel corso di due millenni, aveva attraversato una serie incalcolabile di situazioni diverse (specialmente nel Medioevo) senza mai deflettere dal suo principio. Il programma di Gregorio VII, ossia l’intima e salda unione di tutte le chiese con quella di Roma, riceveva ora il suo coronamento: centralizzazione assoluta di tutta l’autorità ecclesiastica nelle mani del papa" (112).

Il dogma dell’infallibilità del Papa, così come definito dal Vaticano I, verrà ribadito e riproposto a tutti i fedeli dal Concilio Ecumenico Vaticano II con la Costituzione dogmatica Lumen Gentium del 21 novembre 1964, la quale formulerà anche il principio della collegialità episcopale.

Con la solenne definizione del dogma, proclamato nella sessione pubblica del 18 luglio 1870, soltanto due mesi prima dell’oltraggio costituito dall’aggressione militare italiana contro Roma, e davanti ad un mondo dominato sempre più dal relativismo e dal disordinato rincorrersi di opinioni e di correnti ideologiche, la Chiesa ribadisce l’esistenza di una verità che trascende l’opinione e che viene trasmessa agli uomini dalla cattedra di Pietro. E’ un altro, ennesimo scandalo che il pontificato di Pio IX provocò (e provoca tuttora) di fronte ad una mentalità incapace di cogliere il significato ed il senso di una verità oggettiva e di un magistero che se ne rende annunciatore.

 

NOTE

101 Mons. Alberto Polverari, op. cit., vol. III, p.148.

102 Pio IX, Bolla Aeterni Patris del 29-6-1868. In Ugo Bellocchi, op. cit., p. 296.

103 Ibidem, pp. 294-295.

104 Roberto de Mattei, Il Papa del Vaticano I e della infallibilità, in Cristianità, anno VI, n. 43, p.7.

105 Roger Aubert, op. cit., vol. II, p. 484.

106 Enrico Nassi, op. cit., p.37.

107 Aldo A. Mola, op. cit., pp. 137-138. Da tali pagine sono tratte anche le citazioni seguenti.

108 August Franzen, Breve storia della Chiesa, Queriniana, Brescia 1970, p. 353.

109 Manlio Brunetti, Pio IX: giudizio storico e teologico, cit. p.75.

110 Pio IX, Costituzione dogmatica Pastor Aeternus del 18-7-1870. In Ugo Bellocchi, op. cit., pp.339-340.

111 Mons. Luigi Giussani, Perché la Chiesa, tomo 2, Jaca Book, Milano 1992, p.75.

112 Joseph Lortz, op. cit., p. 431.